Cosmos
di Murcof
Leaf

 

 

 

 

 

 

 





 

 

 

Cosmos di Murcof

 

 

“È uno spettacolo sfolgorante di torrenti di stelle, di reticoli luminosi, di noduli scintillanti. Nubi di polvere stanno in sospensione in quello splendore: le stelle che vi sono immerse brillano di una luce color ruggine, rosa, o ambra affumicata. Stelle buie vagano invisibili tra un milione di frammenti subplanetari di ferro, di scorie e di ghiaccio…”.

Questo è l’ammasso Alastor, “una spirale di trentamila stelle”, dove Jack Vance, l’Omero della fantascienza, ha ambientato i diversi romanzi dell’omonimo ciclo e dove Murcof sembra aver peregrinato prima di consegnarci questa sua ultima fatica discografica. Fernando Corona è l’artista messicano che si cela dietro la sigla Murcof (un acronimo del nome di battesimo - MURillo COrona Fernando), utilizzata per firmare lavori elettronici austeri e suggestivi per la capacità di coniugare ritmo, lirismo e silenzio.

Corona lo si ritrova anche in un altro progetto più solare denominato Terrestre, che rientra in un più ampio collettivo di artisti di Tijuana, denominato NorTec. Quest’ultima fatica firmata Murcof segue “Remembranza” del 2005  e ne rappresenta in parte la logica continuazione con i suoi ormai tipici pattern ritmici che qui caratterizzano Cielo e Cometa, quasi a raccontare delle fasi di attraversamento degli spazi siderali a bordo di  maestose astronavi. Le altre quattro tracce, Cuerpo Celeste, Cosmos (I e II) e Oort  si inoltrano, invece, in un mondo ancora più oscuro di quelli esplorati nei dischi precedenti.

C’è un’inquietudine di fondo in questi suoni quasi come se commentassero dei noir ambientati da qualche parte nell’universo (Alastor?). A tratti il suono ha una profondità abissale, a volte si eleva maestoso, cercando di esprimere l’indicibile. In particolare la conclusiva Oort alterna sapientemente silenzio e pieni prorompenti. Musica sacra del XXI secolo che rimanda al primo Klaus Schulze, quello di “Irrlicht” e “Cyborg”, specie nelle due Cosmos, ma senza la seriosità tutta teutonica di quei lavori. Anche Murcof ha come punto cardinale la musica cosiddetta colta (già nell’esordio, il 12 pollici “Monotónu” – del 2002 – campionava Arvo Pärt e Henryk Górecki), ma la rielabora con maggior sentimento e melodiosità, forte, ovviamente, dei quasi quarant’anni di esperienze altrui con l’elettronica che lo separano dal pionere tedesco. Un patrimonio che ha perfettamente metabolizzato e rielaborato con discreta originalità, a partire da “Oxygene” di Jean Micheal Jarre, che indica come il suo disco dell’apprendistato.

Murcof continua poi il gioco delle lettere che lo porteranno a completare il nome (e poi chissà, con effe inizia fine anche in spagnolo). Aveva iniziato con il primo album “Martes” nel 2002, poi “Utopia” (2004), il citato Remembranza e ora Cosmos. Gioco ripetuto con i titoli dei brani: in ogni album tutti i pezzi iniziano con la lettera di turno, tranne l’ultimo che anticipa il successivo disco (e relativa lettera).

Infatti qui l’ultima traccia si intitola Oorf, poiché in Murcof dopo la C arriva la O. Suono curatissimo, sopra la media delle produzioni di genere, che fondono campionamenti ed elettroniche in modo pressoché perfetto. Ideale per quanti hanno nostalgia del futuro.

     Recensione di g.f.