Suggestioni verniane ne 
La lega degli uomini straordinari

 

di Giuseppe Cozzolino

 

Il Capitan Nemo di Ventimila leghe sotto i mari, Miss Mina Murray/Harker di Dracula, Allan Quatermain da Le miniere di Re Salomone, il Dr. Jekyll e Edward Hyde dall’omonimo romanzo di Luise Stevenson,  l'Uomo Invisibile e l’Auguste Dupin de I delitti della Rue Morgue. Immaginateli uniti  sotto la direzione dell’enigmatico Campion Bond (progenitore di un certo James…) come sempre al servizio di sua Maestà la Regina d’Inghilterra.

Chi potrebbe essere tanto pazzo (o sfrontato) da mettere insieme le più grandi icone della letteratura gotico/fantastica e renderle protagoniste di un albo a fumetti? Naturalmente un certo Alan Moore (l’autore di Watchmen, V for Vendetta, From Hell) ben supportato dai disegni di Kevin O’Neil. Un capolavoro per documentazione storico/tecnica, per humour spiazzante (i personaggi sono tutt’altro che eroi immacolati), per sapiente evocazione nei disegni, cura dei dettagli e provocazioni visionarie.

Il plot vede tutti questi straordinari gentiluomini reclutati da Bond per sventare una misteriosa quanto mortale minaccia (denominata “il Dottore"). Questi si riproporrebbe il dominio mondiale, grazie al furto della cavorite, minerale dalle incredibili proprietà fisiche in grado di azionare favolose macchine volanti. Ma le cose, come spesso avviene nelle trame di Moore, non sono così semplici come inizialmente appaiono. Ed il vero nemico si rivelerà essere ben altro…

Immenso l’interesse suscitato da questa graphic novel (pubblicata dall’americana Wildstorm etichetta della DC Comics ed edita in Italia dalla Magic Press), capace di proiettare il lettore in un mondo visionario, a metà fra la Belle Epoque e la Conquista dello Spazio. Uno scenario molto simile a quello tracciato da certi recenti romanzi di fantascienza (il sottogenere è lo steampunk) in cui l’energia atomica convive con usi e costumi dell’Inghilterra vittoriana o della Francia napoleonica. Ma soprattutto un grande omaggio a colui che è stato il padre della fantascienza moderna: il francese Jules Verne (1828-1905). E’ a lui che Moore rende onore e gloria inserendo il suo personaggio più famoso (Nemo) ed il riferimento alla cavorite (inventata da Verne per il suo Dalla terra alla luna), ed è ancora a lui che si devono le strutture, le macchine, il senso di meraviglia che vengono  raffigurati in questo scenario luminoso e terribile (anche più di quanto non abbia saputo fare H.G.Wells). Tali suggestioni e cornici si rispecchiano anche nella sontuosa versione cinematografica (varata l’11 luglio 2003) diretta da Stephen Norrington (Blade), che ha potuto avvalersi di un cast impreziosito da grossi calibri come Sean Connery nel ruolo dell’avventuriero Alan Quatermain, Peta Wilson (star della serie TV Nikita) in quello di Mina Harker, Jason Flemyng (che già aveva partecipato alla riduzione filmica di From Hell) in quello del dottor Henry Jekyll. Rispetto al fumetto ci sono le aggiunte di Stuart Townsend (nella parte di Dorian Gray) e Shane West (Tom Sawyer).

La sceneggiatura, firmata da James Robinson (altro straordinario autore di fumetti, tra cui ricordiamo Starman della DC Comics e Cable della Marvel Comics), non ha però garantito un risultato all’altezza del fumetto, assai più trasgressivo e irriverente. Ciononostante alcune scene e cura delle scenografie sfiorano l’atmosfera del racconto, regalandoci una Londra più vittoriana e nebbiosa che mai, dove agiscono eroi che perdono la loro proverbiale virtù in favore di tinte fosche e vizi sconvenienti: e così il razzismo latente del capitano Nemo si tramuta in vero e proprio odio verso gli inglesi, e gli accenni di vouyerismo nell’Uomo Invisibile degradano in vera e propria “volontà di potenza” erotomane. Senza contare il gioviale avventuriero Quatermain - autentico ispiratore dello spielberghiano Indiana Jones - trasformato in un tossicodipendente dalle devastanti visioni profetiche, o la bella Mina Harker, ormai più vampiro che essere umano.

L’ottimismo per il progresso scientifico e le sue immense potenzialità si scontrano col dissacrante umorismo dell’inglese Moore, cresciuto in un secolo dove c’è ben poco di cui essere ottimisti. Ma in Moore riposa la medesima disillusione che accompagnerà lo stesso Verne negli ultimi anni della sua vita, quando deciderà di ritirarsi a vita privata, rifiutando lo stereotipo del celebratore delle conquiste della scienza. Interessante e opportuno, a questo punto, andare a rileggersi alcune delle opere più tarde e crepuscolari del grande autore francese, a partire da “L’Eterno Adamo”.  Si scoprirà l’altra faccia di un autore citato e masticato (anche da quei tuttologi che di fantascienza non hanno mai capito un tubo) ma mai veramente compreso.