E.T. e la metafora del Buon Selvaggio

 

di Adolfo Fattori e Valerio Pellegrini

 

L’immaginazione infantile e adolescenziale di Spielberg si nutre con la space-opera pubblicata sulle pagine dei pulp magazines, con i telefilm della serie Ai Confini della Realtà, con le letture fantascientifiche che facevano tutti i ragazzini americani negli anni ’50. Pellicole come Ultimatum alla Terra del ’51, La cosa da un altro mondo del ’51, Gli invasori spaziali  del ’53, Il mostro della laguna nera del ’54 e L’invasione degli ultracorpi del ’56 sono i punti di riferimento principali del cinema di fantascienza di quegli anni. Segni inconfondibili di quei film sono rintracciabili in tutta l’opera di Spielberg e in E.T. in particolare.

Al centro di queste pellicole c’è spesso la figura dell’alieno, un essere aggressivo, spesso mostruoso, incomprensibile – erede per certi versi degli esseri soprannaturali che popolavano i racconti folkloristici, specie anglosassoni: gnomi, elfi, coboldi, orchi, fate – in una dimensione dell’immaginario dedicata ai ragazzi e agli adolescenti. Spesso con grandi ingenuità, dovute alla carenza e alla arcaicità degli effetti speciali: tanto che Stephen King, “il re del brivido”, un altro grande interprete dell’immaginario, ricorda nel suo Danse macabre come da ragazzo, a cinema, “bypassava” tranquillamente con i suoi amici la consapevolezza delle chiusure lampo sulle schiene dei costumi dei mostri cinematografici. Questa capacità di andare oltre l’inverosimiglianza era – crediamo – indice della capacità immaginativa e della voglia profonda di avventura dei ragazzi di allora.

Ma a dispetto degli effetti visivi, le sceneggiature di molti film di allora erano tutt’altro che banali e scendevano sulla Terra i primi alieni “buoni”. Klaatu, ad esempio,  protagonista di Ultimatum alla Terra è il rappresentante di un popolo illuminato e tecnologicamente avanzato che ha raggiunto uno stadio del progresso civile talmente alto da sopprimere alla radice ogni idea di conflitto bellico. Anche E.T. è un alieno buono e pacifico, rimasto solo sulla Terra a causa di un disguido. Il fatto stesso che un alieno abbia compiuto un volo interplanetario è già di per sé una testimonianza della maturità scientifica raggiunta dalla sua specie. Eppure sia E.T. che Klaatu sono fraintesi dalla maggior parte dei terrestri proprio per via del loro vantaggio tecnologico. Nel film degli anni ’50 l’elemento che preoccupa maggiormente i terrestri è il micidiale automa che accompagna Klaatu: indistruttibile e apparentemente capace di dominare tutte le leggi della fisica. Al suo arrivo sulla Terra, Klaatu porge ai terrestri un oggetto metallico, un dono di inestimabile valore scientifico che però viene scambiato per un’arma. Bang! E così l’alieno si becca la prima delle due pallottole che i terrestri gli spareranno addosso nel corso del film. Nella sceneggiatura di E.T. non occorre alcun segno ambiguo che possa essere scambiato per una minaccia: alle agenzie investigative e agli scienziati del governo crea già abbastanza apprensione il fatto che nell’universo esista un popolo tecnologicamente più avanzato. Molte trame del cinema di fantascienza degli anni ‘50 e ‘60 sono pura paranoia collettiva filtrata dal maccartismo e dal terrore atomico. La minaccia sovietica e quella nucleare diventano un tutt’uno distillato in sceneggiature più o meno sofisticate.

In E.T. si vede questo senso di oppressione germinare in un background politico molto diverso rispetto a quello degli anni ‘50. Spielberg prende qualcosa di quelle atmosfere convertendole in una più matura e sofisticata cornice oppressiva dominata dagli adulti e da un governo autoritario che sembra stringere le libertà dell’individuo in una morsa intollerabile.  Lo sfondo storico è quello degli anni ’70 americani, dello scandalo Watergate e le conseguenti dimissioni del presidente Nixon: una fase di profonda crisi istituzionale ed un momento di massima sfiducia nei confronti dei governanti americani. Le istituzioni costituiscono la vera minaccia, il vero nemico. Gli agenti di questa minaccia compiono un continuo e irritante abuso di potere e sono quindi visualizzati in un modo così disturbante e tenebroso da ricordare le persecuzioni dei nazisti. Speculando sulle radici culturali del regista si può addirittura stabilire un legame tra E.T. e Schindler’s List, il celebrato capolavoro spielberghiano sull’Olocausto. In ambedue i casi il protagonista è una persona ordinaria e non particolarmente virtuosa che salva dalle forze del male un alieno (il piccolo ebreo calvo interpretato da Ben Kingsley ha infatti qualcosa di E.T.) e che proprio durante questo salvataggio beneficia di una epifania interiore.  

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