Gentili, ma violenti. Autoritari, ma sottomessi. I personaggi di Kinds of Kindness, l’ultima fatica di Yorgos Lanthimos, il regista greco entrato definitivamente nel gotha cinematografico internazionale dopo il Leone d’Oro conquistato a Venezia lo scorso anno con Poor Things, rappresentano a pieno una critica alla società odierna sugli eccessivi legami di interesse tra le persone che la compongono. Il film segna anche un ritorno alle storie distopiche contrassegnanti la filmografia del regista greco dagli esordi fino a The Lobster (2015). Il nuovo lungometraggio ci racconta tre storie diverse che all’apparenza hanno in comune soltanto gli interpreti dei racconti e un misterioso uomo di nome R.M.F. (l’attore Yorgos Stefanakos).
Nel primo episodio (La morte di R.M.F.), dopo aver obbedito in tutto e per tutto per dieci anni al proprio “capo”, un uomo si ribella a una richiesta estrema; nel secondo (R.M.F. vola), un poliziotto crede che sua moglie, fortunosamente ritrovata dopo un naufragio, non sia più la persona che ha sposato; nell’ultimo (R.M.F. mangia un sandwich), una donna ha rinunciato alla propria famiglia per portare a termine una missione per conto di una misteriosa setta. Fino qui, un’essenziale sinossi. Lanthimos ci mostra come le relazioni umane arrivino a un punto in cui bisogna effettuare tragiche scelte al fine di mantenere i privilegi acquisiti. Sono circostanze e sensazioni nelle quali possiamo immedesimarci tutti. In fondo, chi non si è mai trovato nella condizione di dover fare qualcosa che non vorremmo al fine di mantenere un rapporto con una persona alla quale teniamo? Per quanto la modalità narrativa sia per lui originale, lo stile con cui porta in scena la trama è molto familiare ai fan veterani della sua filmografia: ossessione del grandangolo, granulosità della pellicola, priorità alla scenografia piuttosto che ai personaggi… Una novità dal punto di vista stilistico, ma già usata in Poor Things, è l’utilizzo del bianco e nero come strumento narrativo.
Ogni storia ne fa uso in maniera differente: nelle prime due per rappresentare i sogni e i ricordi, la terza è un’unione delle due più la previsione del futuro. Frequenti sono le riprese dei piedi di alcuni personaggi, spesso femminili, come in una delle scene iniziali nella quale Vivian (Margareth Qualley nella prima storia) apre la porta di casa a R.M.F… Kinds of Kindness è un film costruito sulla tensione. Le azioni dei personaggi sono surreali, insolite, disumane… comportamenti sottolineati e resi ancora più tesi da una colonna sonora ripetitiva e inquietante, spezzata in alcuni momenti dalle note di Sweet Dreams degli Eurythmics e da Brand New Bitch di COBRAH. Quest’ultima dà il ritmo all’inquietante balletto di Emily (Emma Stone nella terza storia) che nei trailer è stato astutamente inserito lasciando però sempre e soltanto il brano degli Eurythmics. Le rigidità dei personaggi amplificano queste sensazioni. Robert (Jesse Plemons nella prima storia) è un personaggio talmente fragile, suscettibile e pieno di segreti da essere teso come una corda per tutta la durata del primo episodio. La sottomissione negli episodi del film è nascosta dall’amore che i protagonisti provano per altri personaggi, che potremmo leggere come gli antagonisti delle storie. L’amore rende ciechi, il denaro vittime. Il dramma si verifica quando i due interessi si incontrano. Eva Illouz ne parla nel suo libro Perché l’amore fa soffrire dicendo:
“Una delle trasformazioni culturali più rilevanti che la modernità ha portato con sé è stata la commistione dell’amore con le strategie economiche che regolavano la mobilità sociale. L’intrecciarsi della dimensione emotiva con quella economica costituisce uno dei filoni per reinterpretare l’amore nella modernità, mostrando come la scelta, la razionalità, l’interesse e la competizione abbiamo trasformato le modalità di incontro, ricerca e di corteggiamento di un partner, oltre a quelle utilizzate per riflettere e prendere decisioni sui propri sentimenti”
(Illouz, 2015).
Questo riflessione è decisamente calzante con la prima storia che Lanthimos ci racconta. Robert è completamente accecato dall’amore che prova per Raymond (Willem Dafoe nella prima storia) tanto da compiere azioni crudeli senza neanche capirne le ragioni. Lo stesso vale per Liz (Emma Stone nella seconda storia) che per mantenere vivo l’amore di Daniel (Jesse Plemons nella seconda storia) per lei arriva a compiere gesti macabri verso sé stessa. L’ossessione dei personaggi è tale da fargli dimenticare il rispetto per loro stessi. Cambiano le storie ma non cambiano gli attori. Se dal punto di vista fisico potremmo creare dei collegamenti tra una trama e l’altra, dal punto di vista recitativo avviene la vera illusione. Ogni personaggio è sorprendentemente diverso dal precedente. Degno di nota è Willem Dafoe, che passa dall’interpretare un cinico e manipolativo uomo d’affari a un padre amorevole che vuole salvare la figlia dal marito oppressivo. Ma cosa c’entra R.M.F. in tutto questo? Cosa lo lega ai protagonisti? Ciascuno dei personaggi principali è legato a lui in qualche modo. La sua particolarità è che mantiene il nome invariato in tutti gli episodi del film, ma cambia la storia dietro di lui: da bersaglio di omicidio premeditato passa a essere l’eroe che salverà Liz dall’isola in cui era imprigionata, fino a diventare un morto da resuscitare nonché ossessione del personaggio di Emily. Il film del regista greco lascia un po’ interdetto lo spettatore. Non c’è da stupirsi se è vietato ai minori di quattordici anni, da una parte a causa del forte contenuto violento e sessuale, dall’altra a causa del generale senso di inquietudine in ogni finale di episodio. A volte sembra quasi di assistere a un vero e proprio rituale satanico per la ricorrenza dei canti gregoriani che enfatizzano le scene più drammatiche, e l’appartenenza dei personaggi del terzo episodio a una setta rafforza questa sensazione. Tra capitalismo ed esistenza non è rimasto che un confine labile. Lanthimos ci mostra come l’interesse monetario (e non solo) sia strettamente legato alla vita, rendendo ogni individuo schiavo di qualcuno o qualcosa. Scrive Richard Sennet
“Se è lecito enunciare il dilemma di Rico in termini più generali, il capitalismo a breve termine minaccia di corrodere il carattere, e in particolare quei tratti del carattere che legano gli esseri umani tra loro e li dotano di una personalità sostenibile”
(Sennet, 2000).
Si direbbe proprio ciò che accade ai protagonisti di Kinds of Kindness. La scelta può salvarci da tutto questo. Non rimanere accecati dall’interesse è l’unico modo per non rimanere intrappolati in situazioni nelle quali non vorremmo trovarci.
C’è un lieve confine fra gentilezza e sottomissione, l’importante è saperlo riconoscere.
- Eva Illouz, Perché l’amore fa soffrire, il Mulino, Bologna, 2015.
- Richard Sennet, L’uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale, Feltrinelli, Milano, 2000.