Quelle ventiquattro ore
in cui crolla la realtà

Juan Emar
Ieri
Traduzione di Bruno Arpaia

Safarà, Pordenone, 2024
pp. 144, € 18,00

Juan Emar
Ieri
Traduzione di Bruno Arpaia

Safarà, Pordenone, 2024
pp. 144, € 18,00


È il 1912 quando il cileno Vicente Huidobro (Santiago del Cile 1893 – Cartagena 1948), tra i principali animatori delle avanguardie transoceaniche del XX secolo, fa una dichiarazione destinata a indirizzare l’arte poetica su un nuovo binario:

“Il regno della letteratura è finito. Il Ventesimo secolo vedrà nascere il regno della poesia nel vero senso della parola, ovvero quello della creazione, come la chiamarono i greci anche se non riuscirono mai a trasformare in realtà la loro definizione”
(Huidobro, 2021).

Dichiarazione che Huidobro avrebbe più volte ribadito nel corso del tempo, come fece per esempio nelle prime battute del suo libro miscellaneo Vientos contrarios, dove leggiamo:

“Ciò che finora è stato chiamato poesia non è altro che un misero commento alle cose della vita, non una creazione del nostro spirito. Chiacchiere inconsistenti messe attorno alle cose, non la creazione di un fatto nuovo inventato da noi. Il poeta è un piccolo dio”
(Huidobro, 1926).

A questa disposizione si fa risalire un intero movimento poetico e di pensiero, il creazionismo appunto, che lo stesso Huidobro chiamò ufficialmente così nel 1916, contribuendo poi a portarlo in Francia, luogo per eccellenza delle prime avanguardie novecentesche, e successivamente in Spagna. Creazionismo: ovvero abbandono totale di qualsiasi velleità di rappresentazione pedissequa dalla realtà nella pratica poetica e totale asservimento alle facoltà della parola: una parola che è in grado, con la sua sola forza generativa, di originare (di creare, appunto) nuovi mondi che non abbiano nulla a che vedere con il nostro quotidiano, in una tensione lontanissima da qualsiasi intenzione di ordine imitativo. La realtà, in altri termini, non è né mai deve più essere l’oggetto della pratica poetica. Compito del poeta, del “piccolo dio” come lo chiama Huidobro, è tutt’altro, ovvero “condensare il caos in piccoli pianeti di emozione” (Huidobro, 1926).
Una concezione della poesia e della letteratura, questa, che in fin dei conti non è così tanto dissimile da quella di altre avanguardie che popolavano l’Europa e il Sudamerica delle prime decadi del Novecento, quantomeno nel posizionamento nei confronti della pratica della rappresentazione artistica di ordine meramente realista. Si prendano a tal proposito l’ultraismo di matrice spagnola, con la sua insistenza sulla metafora e sulla necessità di abbandonare qualsiasi orpello didascalico ed esplicativo; il surrealismo francese, con la sua radicale affiliazione alla dimensione irrazionale del sogno; e il dadaismo di origine svizzera, con il suo strenuo rifiuto di ogni logica razionale e la sua inclinazione per l’umorismo e la libertà d’espressione. Tra i numerosi debitori delle mentovate avanguardie, in particolar modo del creazionismo di Huidobro e in seconda battuta del surrealismo, possiamo senza dubbio annoverare un altro scrittore cileno, un altro di quegli autori che, grazie a una definizione data a un certo tipo di poeti e narratori dal nicaraguense Rubén Darío (Metapa 1867 – León 1916), definiamo ormai liberamente con l’appellativo di raros, ovvero strani, bizzarri, eccentrici.
Stiamo parlando di Álvaro Yáñez Bianchi (Santiago del Cile 1893 – Santiago del Cile 1964), facoltoso aristocratico amante dell’ozio meglio noto con l’evocativo ed esplicito pseudonimo Juan Emar, coniato dallo stesso Yáñez Bianchi per assonanza con l’espressione francese (non a caso francese) J’en ai marre, ovvero: Sono stufo. Stufo di cosa? Ma della realtà, ovviamente, e della pertinace esigenza, nonostante l’insistenza delle avanguardie, di fare della letteratura un veicolo della sua rappresentazione. Concentrando la propria attività editoriale negli anni Trenta del Novecento, Juan Emar diede alle stampe quattro libri (Un año, Miltín 1934, Ayer e Diez) che non riscossero successo in patria (né altrove), ma che anzi gli valsero una marginalizzazione culturale in ragione della quale Emar, pur continuando a scrivere, non pubblicò più nulla. Dei suddetti quattro libri, tutti piuttosto bizzarri, oggi possiamo leggere in traduzione italiana l’inusuale Ayer, edito con il titolo Ieri dalla pordenonese Safarà, impreziosito da una bella e puntuale prefazione di Alejandro Zambra (Santiago del Cile 1975), attualmente considerato come uno dei più importanti autori cileni in vita.

Creatività senza freni
Si tratta di un romanzo che segue le vicende vissute nel corso di ventiquattr’ore da un protagonista e dalla moglie, vagabondi per le strade di San Agustín de Tango, una delle tante città fittizie della letteratura ispanoamericana. La giornata dei due comincia di primo mattino, quando nella pubblica piazza viene esposta allo sguardo di tutti l’esecuzione di un certo Rudecindo Malleco, destinato alla ghigliottina soltanto per aver peccato di pensieri licenziosi, e continua con una visita allo zoo cittadino, dove uno struzzo e una leonessa mettono in scena una lotta inusuale, con il primo che ne esce vincitore. Seguono altri fatti bizzarri, due pasti con citazione dei relativi menù, incontri con persone apparentemente insensate, ragionamenti irragionevoli, osservazioni farneticanti e così a seguire, fino alle riflessioni serali in cui il protagonista, che è anche la voce narrante, alla fine del libro mette in fila quanto successo durante la giornata, cercando di trarne a suo modo un senso.
Romanzo di certo non adatto a chi cerca storie familiari con cui identificarsi o trame costruite sotto l’imperativo della coerenza, Ieri è invece un libro ideale per chi voglia perdersi negli spazi aperti dell’immaginazione, sciogliendo al contempo il freno della ragione. Un libro che a ben vedere può sembrare il manifesto di una narrativa di gusto pittorico in cui assistere liberamente a una serie di episodi assurdi messi l’uno dopo l’altro come in una galleria di immagini sconclusionate che, oltre a non avere all’apparenza un senso, non hanno alcuna immediata connessione tra loro, se non per l’appunto la fantastica assurdità che le costituisce.

Letture
  • Vicente Huidobro, Manifesti, Arcoiris, Salerno, 2021.
  • Vicente Huidobro, Vientos contrarios, Editorial Nascimento, Santiago de Chile, 1926.