Dal 1957, almeno tre generazioni di lettori hanno avuto la possibilità di provare quel misto di brivido, angoscia e sgomento che si respira tra le pagine de L’Eternauta, assimilando la determinazione e la forza di volontà del suo protagonista fino a veder tramutare l’impotenza e il senso di sconfitta in una dimensione di esaltazione cosmica, capace di dare le vertigini anche, se non soprattutto, per le molteplici frequenze di risonanza innescate con le drammatiche pieghe della storia. E per chiunque abbia anche solo sfiorato l’opera di Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López, la serie di Bruno Stagnaro prodotta da K&S Film per Netflix in streaming su scala planetaria, non poteva che essere l’evento televisivo della stagione. Sei puntate dense come “succo di pomodoro freddo nelle vene” (ep. 1×06), che valgono come sei mediometraggi o come un’unica, ininterrotta pellicola lunga quasi sei ore, che si conclude con la promessa, già confermata dalla piattaforma, di una seconda stagione, per ulteriori otto episodi che porteranno a termine la storia (cfr. Clarke, 2025).

A prescindere dal valore intrinseco del prodotto televisivo, che a nostro giudizio è decisamente elevato, L’Eternauta segna una tappa cruciale nella storia dell’industria audiovisiva argentina, forte di un dispiegamento produttivo senza precedenti, che ha richiesto due anni di scrittura, quattro mesi e mezzo di pre-produzione, 148 giorni di riprese a Buenos Aires che hanno impegnato 2.900 persone tra cast e comparse, in oltre cinquanta location e trenta set virtuali, concludendosi con una post-produzione durata un anno e mezzo (cfr. Redazione Eldestape, 2025). Uno sforzo che aggiunge una testimonianza incontrovertibile, se mai ve ne fosse bisogno, dell’importanza che il personaggio riveste nell’immaginario e nella cultura argentina, e della serietà con cui è stato approcciato.
Ma facciamo un passo indietro e partiamo dal principio.
Se una sera d’estate quattro amici a una partita di truco
Un giorno imprecisato nella seconda metà del XX secolo, nello studio di uno sceneggiatore di fumetti di Buenos Aires si manifesta un uomo che si presenta come Khruner. Nella lingua del filosofo che così lo soprannominò alla fine del XXI secolo, spiega allo scrittore, significa “il vagabondo dell’infinito”, e si addice alla perfezione a un esule che vaga da secoli alla ricerca della sua epoca e del suo mondo perduti.
Il suo racconto comincia con un evento eccezionale e prosegue attraverso circostanze non meno straordinarie. Tutto ha inizio quando Juan Salvo si ritrova con i suoi amici di sempre, Favalli, Lucas e Polsky, per una serata di truco, ma la loro partita a carte viene presto interrotta da un avvenimento tanto imprevisto quanto singolare: benché sia piena estate, sulle strade e sui tetti del quartiere ha iniziato a posarsi una coltre di neve fluorescente. Questa nevicata è il primo degli elementi che sbalzano i protagonisti, esponenti di una classe media per lo più con una formazione scientifica (Favalli è un fisico come lo era di formazione lo stesso Oesterheld, Lucas un elettronico), in un contesto straniante, lontano dal quotidiano, nell’accezione resa poi paradigmatica da Italo Calvino (cfr. De Matteo e Proietti, 2011).
Sopravvissuti in un mondo stravolto e irriconoscibile, questi uomini comuni saranno costretti a prendere decisioni non sempre facili, a mettersi in discussione e alla prova, fino a trasformarsi in uomini di azione, in senso soprattutto letterale, cioè prima di tutto “capaci di agire”, senza mai, mai, perdere il senso della loro umanità. Perché la nevicata che copre la città non è un semplice, per quanto anomalo, evento fuori stagione, ma l’inizio di una guerra in piena regola, nonché la prima arma di distruzione scagliata contro i terrestri dalle avanguardie dell’invasione, una maledizione in grado di annientare la vita al solo contatto. Juan e i suoi amici si attrezzano con tute isolanti improvvisate in casa per ripararsi dai fiocchi mortali e raggiungono uno dei punti di raccolta organizzati dall’esercito, el Monumental (l’iconico stadio del River Plate), dove tuttavia trovano ad attenderli un’amara sorpresa: gli alieni hanno cominciato ad assoggettare anche gli umani attraverso una forma di controllo mentale, trasformandoli in “uomini-robot”, del tutto privi di volontà, e aggregandoli alle loro armate. Proprio come avevano fatto con tutte le altre specie aliene con cui erano entrati in contatto, dai cascarudos dalle fattezze di scarafaggi giganti ai pachidermici gurbos, trasformati in vere e proprie armi biologiche teledirette dagli enigmatici kol (manos nell’originale), umanoidi caratterizzati dalle lunghe mani provviste di tredici dita, capaci di scorrere con spietata precisione sulle tastiere di dispositivi e strumenti di morte. Ma proprio l’implacabile efficienza di questi ultimi nasconde una sinistra verità: i kol sono solo degli esecutori e degli intermediari, che gli invisibili Loro (Ellos nell’originale) hanno trasformato in fedeli luogotenenti impiantando nei loro organismi una ghiandola in grado di provocarne la morte al primo segno di paura.

Perché la guerra di invasione che si sta combattendo sulla Terra è di fatto una guerra per procura: i mandanti si mantengono dietro le quinte, muovendo i fili delle loro pedine in una partita a scacchi per il dominio del pianeta. Juan Salvo e i suoi amici, con gli altri superstiti che si uniscono alle file della resistenza, affrontano le trappole tese dagli uomini-robot, perdite, sconfitte, separazioni e tradimenti, e fanno i conti con la furia devastante scatenata dalle truppe di occupazione sulla loro città. Quando Juan riuscirà a introdursi nell’astronave-madre, azionerà involontariamente una macchina del tempo, dando così inizio al suo vagabondaggio tra gli infiniti universi paralleli del continuum, condannato a inseguire per sempre il sogno di ricongiungersi con la sua famiglia. Nelle sue peripezie, arriverà ad apprendere da un kol ancora libero la verità sulla guerra universale che i Loro hanno ingaggiato contro tutte le specie intelligenti.
Una storia argentina
Questa, in breve, è la storia del fumetto originale di Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López, pubblicato in 106 numeri sul periodico argentino Hora Cero Suplemento Semanal tra il 1957 e il 1959. Una historieta che è figlia delle inquietudini dell’epoca, dell’instabilità politica che va inasprendosi nell’Argentina in quegli anni, divisa tra peronisti e anti-peronisti, ma che si sforza di uscire dal pantano delle giunte militari (1955-1958) che seguì al colpo di stato che aveva destituito Juan Domingo Peròn (Revolución Libertadora per i golpisti, Fusiladora per gli sconfitti). Il programma di ammodernamento portato avanti dalla breve parentesi al governo del presidente Arturo Frondizi (1958-1962) recava l’impronta di una vocazione “sviluppista” che non poteva che trovare facile risonanza nell’immaginario fantascientifico, ma anche terreno fertile nell’idea di un eroe collettivo della classe media, come evidenziato dagli studi di Horacio Moreno, docente di letteratura dell’Università Nazionale di José Clemente Paz (Manzo, 2025). Come rimarcato dai suoi studi sull’opera di Oesterheld e López, il successo riscosso alla sua uscita da L’Eternauta è frutto della caratterizzazione di Juan Salvo, che nelle tavole della storia acquisisce gradualmente la statura di grande eroe argentino. Ma l’Argentina di quegli anni è un magma ribollente di possibilità, e purtroppo quelle che finiscono per realizzarsi sono quasi sempre le peggiori immaginabili. Nel 1966, dopo altri due brevi mandati presidenziali democratici, un nuovo colpo di stato consegna il paese al generale Juan Carlos Onganía Carballo, che instaura un regime improntato ai valori del nazionalismo e del cattolicesimo più tradizionalista. In quegli anni anche la posizione sociale di Oesterheld si deteriora: il suo lavoro nel mondo del fumetto viene pagato sempre peggio e le figlie, che avevano iniziato a frequentare una scuola privata bilingue, sono costrette a passare a quella pubblica, dove entrano in contatto con l’attivismo politico e le organizzazioni di base peroniste. Come loro, molti altri giovani dell’epoca condividono lo stesso percorso, avvicinandosi alle organizzazioni rivoluzionarie più attive di quella fase storica, tra cui i guerriglieri Montoneros della sinistra peronista.

Quando nel 1969 decide di riscrivere L’Eternauta per le matite di Alberto Breccia (che insieme al figlio Enrique aveva già collaborato con lui l’anno prima a La vita del Che, le cui tavole originali in patria erano state sequestrate e bruciate), Oesterheld non si sottrae a quelle che sente come sue precise responsabilità autoriali ed enfatizza i riferimenti politici, che inizialmente potevano essere stati tenuti un po’ sottotraccia. Lo stile sperimentale ed evocativo di Breccia contribuisce a farne un’opera intellettuale e ancora più ambiziosa (cfr. Del Freo, 1995). L’Argentina è cambiata ed è cambiato anche Oesterheld, sempre più vicino alla sinistra radicale. L’antimilitarismo, la resistenza, la solidarietà, l’integrità, sono tutti valori che emergono con forza, mentre L’Eternauta dispiega tutta la sua ambizione e la sua profondità profetica nel momento in cui il vagabondo dell’infinito rivela che il mondo da cui proviene è lo stesso in cui il fumettista vive, la stessa Buenos Aires in cui tutto ebbe inizio, e che alla nevicata fatale mancano per il lettore appena quattro anni, lasciandolo alle prese con il quesito se ci sia ancora tempo per scongiurare il peggio. Un interrogativo che ne implica uno perfino più scomodo e profondo: quanto ancora possiamo esitare davanti alla necessità di prevenire la disfatta certa? Impossibile non leggere negli uomini-robot e nei kol una rappresentazione delle varie forme di collaborazionismo in cui lungo la storia è stata declinata la connivenza con i regimi totalitari, così com’è fin troppo immediato il parallelo tra l’invasione e le ingerenze dell’imperialismo statunitense nella politica sudamericana, che sarebbero culminate nel 1973 con il golpe del generale Augusto Pinochet in Cile, sponsorizzato dalla CIA e patrocinato da Henry Kissinger, all’epoca Consigliere nazionale per la sicurezza del presidente USA Richard Nixon.
Sopravvivere insieme, per non fallire come individui
Davanti alle tavole che ritraggono el Monumental è difficile non pensare a Pinochet e alle vittime del suo regime del terrore, trattenute o fatte sparire nei sotterranei dell’Estadio Nacional di Santiago, trasformato in un campo di concentramento e tristemente immortalato nelle sequenze più strazianti di Missing – Scomparso di Costa-Gavras, Palma d’oro a Cannes nel 1982. Una risonanza innescata anche dalle scene finali della serie di Bruno Stagnaro, in cui assistiamo in un cliffhanger da antologia alla prova definitiva dell’estensione raggiunta dal piano di assoggettamento degli invasori. Ricardo Darín, già apprezzato protagonista de Il segreto dei suoi occhi (2009, vincitore dell’Oscar nel 2010 come miglior film straniero), presta le fattezze a Juan Salvo in un’opera che non può che essere una rilettura attualizzata del fumetto. Quasi tutti i personaggi cambiano età, alcuni anche nome e carattere, ne vengono introdotti di nuovi, lo svolgimento degli eventi presto diverge dalle tavole originali, ma il gioco delle somiglianze e delle differenze con il prototipo di Oesterheld e Lopez non ci porterebbe lontano e finirebbe comunque per farci perdere di vista l’essenza, che è quella di un lavoro che si mantiene nello spirito profondamente – quasi in maniera religiosa, verrebbe da dire – fedele all’originale.

L’Eternauta di Stagnaro non è – e non può essere – L’Eternauta di Oesterheld, ma è indubbiamente frutto di un processo di metamorfosi che non dimentica le sue radici, pur assimilando quanto venuto dopo, sia sul piano della rievocazione storica che su quello della struttura narrativa. Tormentato da incomprensibili visioni, Juan Salvo è un reduce della guerra delle Malvine (1982) che viaggia oltre i sessant’anni; separato dalla moglie Elena (Carla Peterson), appena si ritrova catapultato nell’incubo inconcepibile della città occupata non esita ad attraversarla a piedi, sfidandone i pericoli spesso ancora ignoti, per ritrovarla. Ariel Staltari, che ha curato la sceneggiatura con Stagnaro, si ritaglia una parte nel ruolo di Omar, un personaggio non presente nel fumetto, ma che da una parte innesca un gioco di specchi con Oesterheld stesso, diventando il testimone di fatti inenarrabili come il fumettista era stato il depositario dello sconvolgente racconto di Khruner, e dall’altra incarna la parabola dell’individualista smarrito che si scopre parte di un gruppo, per cui lottare e rischiare la vita.

Le donne, poi, non sono semplici comprimarie: muovono gli eventi, sia in scena che dietro le quinte. Emblematico, per esempio, il sacrificio in cui culmina il quarto episodio, con il rogo della chiesa in cui Juan Salvo e Tano Favalli (César Troncoso) avevano trovato rifugio, accolti da un esercito di senzatetto e scout che vi si erano organizzati per sopravvivere all’assedio dei cascarudos. Una piccola comunità resistente, personificazione vivente di quello spirito di solidarietà che già abbiamo evocato, nonché – secondo la già citata lettura di Moreno (cfr. Manzo, 2025) – chiave di volta in questa prima stagione per il passaggio dall’iniziale, ottuso approccio egocentrico a una più lungimirante soluzione collettiva. Nella sinossi della serie su Netflix, questo punto è ulteriormente enfatizzato: “L’unico modo per sopravvivere sarà resistere e combattere insieme. Nessuno si salva da solo”. Dalla puntata seguente, la figlia di Salvo, Clara (Mora Fisz), riapparsa in circostanze misteriose che non tardano a rivelare sconcertanti retroscena, completa un’ideale trinità femminile con Elena e la rider Inga (Oriana Cárdenas), candidandosi a giocare un ruolo centrale nella prosecuzione della serie.
Il tempo è un cerchio piatto
L’Eternauta ha esercitato un influsso culturale difficile da perimetrare (cfr. Del Freo, 1995), ma ebbe a sua volta i suoi riferimenti, a partire dagli abbastanza ovvi La guerra dei mondi di H. G. Wells (trasposto in un celebre adattamento radiofonico dal ventitreenne Orson Welles nel 1938, prima di diventare nel 1953 un film di altrettanto successo per la regia di Byron Haskin, prodotto da George Pal) e L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel (1956), tratto dall’omonimo romanzo di Jack Finney, dato alle stampe l’anno prima. La serie televisiva aggiunge alle influenze primigenie anche un tocco di sensibilità dickiana, rimescolando le carte sul tavolo, confondendo i ruoli dei personaggi, suggerendone il doppiogioco o svelandone i piani segreti, fino a indurre lo spettatore a dubitare dell’affidabilità di ogni persona che passi sullo schermo, in un crescente stato di paranoia che fa da contraltare al graduale, faticoso, illusorio riavvicinamento dei protagonisti alla speranza di un possibile successo. Proprio a uno dei personaggi più vicini a Juan Salvo toccherà trasferire agli amici sopravvissuti un terribile monito, nella puntata conclusiva di questa prima stagione:
“So che cosa dicono su di me perché riesco a sentirli… Attenti a quello che dite perché intercettano i telefoni! Qualcuno vuole danneggiare la fondazione, qualcuno sta cospirando… Sta’ lì, sta’ lì, fermo lì! State facendo tutti un ottimo lavoro, ma se poi sbagliate una sola cosa allora poi andrà tutto a rotoli… non pagate niente, è già tutto pagato… se chiedono dollari dite di no, vi stanno derubando… sta venendo a piovere!”
(ep. 1×06).
È un messaggio ermetico, fratturato, ma il suo carattere criptico lo rende ancora più inquietante e denso di sinistre aspettative nell’anticipare una minaccia che diventerà presto concreta. Arriva all’apice di una sequenza drammatica, in cui nel giro di pochi secondi viene spazzata via l’effimera gioia per un successo inatteso, a lungo e laboriosamente costruito lungo tutto l’arco dell’episodio. E precede di poco, come si diceva, l’altra scoperta che toccherà a Juan Salvo in persona compiere, dopo avere intravisto il vero aspetto del primo kol in una sequenza che è un tripudio di atmosfere espressioniste, fatte di contrasti e di colori innaturali, e omaggi all’inquietante estetica onirica del pittore polacco Zdzisław Beksiński. È allora che Juan Salvo intuisce che le visioni che lo perseguitano mescolano passato e futuro. Anzi, sono forse proprio ricordi di un futuro destinato a consumarsi, e come tali lo mettono di fronte all’atroce verità di essere intrappolato in un tempo circolare (“Sono già stato qui, prima. L’ho già vissuto”, ep. 1×06), inchiodandolo al contempo alla responsabilità di spezzare il cerchio prima che “la profezia” si compia. Avvertiamo anche un’assonanza suggestiva con uno dei momenti più memorabili della prima, iconica stagione di True Detective, quando il personaggio di Matthew McConaughey ci svela che “il tempo è un cerchio piatto”, che ogni cosa è destinata a ripetersi, sempre, per sempre (cfr. De Matteo, 2014). Ma se in fondo, come fa notare Favalli la puntata precedente, quando la nevicata fatale cessa, “il sud è il nuovo nord” (ep. 1×05), di fronte all’evidenza dell’inversione dei poli del campo magnetico terrestre rimane una speranza, per quanto flebile, di sconfiggere persino l’egemonia aliena a cui i terrestri sembrano inesorabilmente condannati.
Le molte vite di Juan Salvo
Questa di Bruno Stagnaro non è in realtà la prima volta de L’Eternauta sugli schermi. Già nel 1968 la casa di produzione Gil & Bertolini aveva tentato di trasporre il fumetto in una serie di animazione da presentare alla Prima Biennale Mondiale del Fumetto, con l’idea di lasciare introdurre ogni episodio a Oesterheld in persona, ma il progetto venne abbandonato dopo la produzione di un pilota di 24 minuti. Diversi tentativi sono seguiti, frustrati a lungo da impedimenti finanziari e problemi sui diritti, ma negli ultimi vent’anni segnali incoraggianti erano già arrivati dal fronte teatrale, con due opere portate sui palcoscenici argentini per il trentennale della scomparsa del creatore, nel 2007: El viajero de Eternidad di Jorge Claudio Morhain (scritto nel 2003) e Zona Liberada della compagnia Carne de Cañón. Nel 2014, nell’ambito di un evento svoltosi al parco scientifico Técnopolis di Buenos Aires, era stato poi presentato un corto di poco più di cinque minuti, diretto da Martin Grosman, sceneggiato da Lautaro Vilo e con la direzione artistica di Martin Oesterheld: reso disponibile nel 2015 liberamente in rete, Huellos de una invasion, el Eternauta (che potremmo liberamente tradurre come “Tracce di un’invasione, l’Eternauta”) è un’opera sperimentale che riprende tutti gli elementi iconici del fumetto (i cascarudos zampettanti, i gurbos che si muovono possenti e inarrestabili per le strade della città, il corpo di un kol rimasto ucciso dopo un’esplosione), documentati in una pellicola sugli accadimenti di un 1963 alternativo, passata in esame da un archivista del “Museo dell’Invasione” (Manco, 2015). Ma la rievocazione non si chiude qui.
A partire dal 20 gennaio di quest’anno è sbarcata sul canale CG Collection di Amazon Prime Video la serie televisiva argentina del 2013 H.G.O. L’ultimo viaggio, scritta da Luciano Saracino: tredici episodi di poco meno di mezz’ora l’uno che raccontano, tra finzione e realtà, gli ultimi anni di vita di Oesterheld, interpretato da Miguel Ángel Solá (cfr. Redazione Fumettologia, 2025).
Ma torniamo al 1975. Oesterheld ha appena ripreso la collaborazione con Lopez su un nuovo ciclo di storie, L’Eternauta, parte seconda. L’Argentina è alla vigilia di una nuova svolta repressiva: il governo di Isabela Perón, succeduta alla morte del marito nel 1974, è agli sgoccioli, e nel 1976 sarà destituito da un nuovo golpe militare che consegnerà il potere al generale Jorge Rafael Videla, avviando quello che diventerà tristemente noto come Processo di Riorganizzazione Nazionale, che durerà fino al 1983 e scriverà molte delle pagine più tragiche nella storia argentina. Dietro la facciata di un piano di riforme socioeconomiche in chiave neoliberista, viene messo in moto un brutale sistema repressivo, che si avvale dalle azioni sanguinarie della Triple A (Alianza Anticomunista Argentina) e di altre organizzazioni paramilitari per realizzare un modello insuperato di terrorismo di stato. Con la scusa di sradicare la sovversione dal paese e restaurare l’ordine sociale, almeno trentamila vittime finiscono nel novero dei desaparecidos. È la cosiddetta “guerra sporca”, nelle cui sabbie mobili finirà risucchiato lo stesso Oesterheld.
Sempre su Prime Video è visibile Argentina, 1985, film di Santiago Mitre del 2022 sul processo alla Giunta Militare Argentina: alla fine del 1983, la disfatta delle Falkland pone fine al regime dei militari e il neoeletto presidente Raúl Ricardo Alfonsín avvia le indagini contro i nove membri delle prime tre giunte che governarono il paese dopo il golpe del 1976, istituendo poco dopo la Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas (CONADEP), che accertò 8.960 casi di desaparecidos. Di fronte alla reticenza della corte marziale di processare i membri delle giunte, il presidente incaricò il procuratore Julio César Strassera e il suo assistente Luis Moreno-Ocampo di imbastire quello che sarebbe passato alla storia come il primo processo di un paese democratico contro un regime dittatoriale, e il più grande processo per crimini di guerra e contro l’umanità dopo il processo di Norimberga.

In un clima di intimidazioni alimentato dai fiancheggiatori del regime deposto, portando all’attenzione dei giudici 280 casi e 833 testimonianze, Strassera e Moreno-Ocampo riuscirono a ottenere la condanna all’ergastolo per Videla e l’ammiraglio Emilio Massera, a ventinove anni di prigione per altri tre membri delle giunte, ma soprattutto ad abbattere un muro di silenzio e omertà che negli anni successivi avrebbe portato alla luce, oltre alle sparizioni accertate, almeno altri 50.000 casi di detenzioni illegali ai danni di cittadini argentini e non solo, trattenuti per anni in centri di detenzione illegali dove furono sottoposti a torture, sevizie e umiliazioni: tra questi, la Escuela de Mecánica de la Armada della Marina Argentina (la famigerata ESMA citata più volte nel film di Mitre) e il Garage Olimpo, al quale il regista italo-argentino Marco Bechis ha dedicato nel 1999 il suo secondo lungometraggio, riprendendo fatti di cui ebbe testimonianza diretta come vittima della repressione, in un’operazione di scavo nella memoria che sarebbe poi proseguita nel successivo Figli/Hijos (2002), sul dramma dei figli sottratti dal regime ai desaparecidos e dati in adozione alle famiglie dei militari. Nella circolarità del tempo già evocata e nella fitta trama di rimandi e connessioni che ci siamo fin qui impegnati a tracciare, rimane degna di nota la coincidenza di ritrovare nella pellicola di Santiago Mitre proprio Ricardo Darín a vestire i panni di Strassera.
Una chiave di lettura personale, nel percorso della memoria di una nazione
E adesso facciamo un ultimo passo indietro. Nel 1976 Oesterheld è appena riuscito a completare, in circostanze sempre più avverse, la sua storia per il ritorno del suo personaggio più celebre, ancora una volta in collaborazione con López. Il 24 marzo di quell’anno Videla ha rovesciato il governo della presidentessa Isabela Perón e instaurato un clima di terrore. A giugno spariscono due delle tre figlie di Oesterheld: Beatriz Marta e Diana Irene, che è incinta di sei mesi. Nel novembre del 1977 sarebbe toccata la stessa sorte a Marina, incinta di otto mesi e il cui marito era già desaparecido. Di nessuna di loro si saprà mai niente, a differenza di Estrela Inés, fino ad allora l’unica sopravvissuta alla guerra sucia, che viene assassinata un mese dopo insieme al marito. Ma a quel punto Héctor Germán Oesterheld era già scomparso da diversi mesi. Il 21 aprile del 1977 una squadra armata lo aveva prelevato dalla sua casa di La Plata. Secondo i registri del CONADEP fu imprigionato nella caserma di Campo de Mayo e poi in altri centri di detenzione clandestina per alcuni mesi, e sarebbe stato infine giustiziato a Mercedes, nella provincia di Buenos Aires, nel 1978. Della sua famiglia sopravvissero alla dittatura solo la moglie Elsa Sánchez de Oesterheld e due nipoti. Inizialmente celebrato, poi emarginato e infine perseguitato, la vicenda terrena di Oesterheld si conclude nel modo più tragico. Ma il suo messaggio continua a vivere nelle opere che gli sono sopravvissute e a riverberare in quelle dei suoi colleghi, amici e allievi. Nelle pagine di Perramus, capolavoro di Juan Sasturain e Alberto Breccia del 1985, possiamo leggere frasi come questa:
“Un tempo mi preoccupavano i governi che facevano sparire certi libri dagli scaffali… poi ho capito che era più grave far sparire i lettori dalle loro case”.
(Sasturain, Breccia, 2024).
Ed è impossibile rimanere indifferenti e non credere che quelle parole rechino il segno inconfondibile di Héctor Germán Oesterheld. Impossibile persino pensare che gli autori non ci stiano parlando anche di lui, oltre che di noi stessi, affinché certi orrori non si ripetano.
Nunca más.
- Stewart Clarke, ‘The Eternaut’: Inside Netflix’s Argentinian Sci-Fi Survival Drama & Ambitious Season 2 Plans, Deadline, 2 maggio 2025.
- Marco Del Freo, L’Eternauta, Almanacco della Fantascienza 1995, Sergio Bonelli Editore, Milano, 1995.
- Giovanni De Matteo, True Detective: Rustin Cohle, un prototipo di eroe postumanista?, Holonomikon, 4 dicembre 2014.
- Giovanni De Matteo e Salvatore Proietti, La fantascienza: specchio deformante della realtà, Next-Station.org, 2 marzo 2011.
- Jack Finney, L’invasione degli ultracorpi, Marcos y Marcos, Milano, 2005
- Emanuele Manco, Tracce di un’invasione, l’Eternauta, Fantascienza.com, 19 dicembre 2015.
- Paolo Manzo, Violenza e paura, ecco da dove nasce (e dove finisce) “L’Eternauta”, VITA, 25 giugno 2025.
- Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López, L’Eternauta, 001 Edizioni, Torino, 2013.
- Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López, L’Eternauta – Il ritorno, Panini Comics, Modena, 2025.
- Redazione Eldestape, El Eternauta: el increíble secreto guardado que revela el último trailer que sacó Netflix, Eldestape, 31 marzo 2025.
- Redazione Fumettologica, La serie tv ispirata alla vita di Oesterheld, lo sceneggiatore di “L’Eternauta”, Fumettologica.it, 14 gennaio 2025.
- Juan Sasturain e Alberto Breccia, Perramus. L’integrale, Mondadori, Milano, 2024.
- H. G. Wells, La guerra dei mondi, Feltrinelli, Milano, 2023.
- Marco Bechis, Figli/Hijos, Cecchi Gori Home Video, 2002 (home video).
- Marco Bechis, Garage Olimpo, Chili, 2025, streaming.
- Juan José Campanella, Il segreto dei suoi occhi, Koch Media, 2013 (home video).
- Costa-Gavras, Missing – Scomparso, Cult Media, 2015 (home video).
- Byron Haskin, La guerra dei mondi, Sinister Film, 2020 (home video).
- Santiago Mitre, Argentina, 1985, Prime Video, 2025, streaming
- Nic Pizzolatto, True Detective – Stagione 1, Sky Box Set, 2014.
- Luciano Saracino, H.G.O. L’ultimo viaggio, Double Line, 2013, streaming su CG Collection.
- Don Siegel, L’invasione degli ultracorpi, Prime Video, 2025, streaming.


